Giovanni Albertone pittore

La biografia - scritta da Samantha Profumo

Alberatone Giovanni nasce a Trino Vercellese il 29 agosto 1940, colorare e disegnare sono attività che lo attirano sin da fanciullo e la prima conferma della sua innata vena artistica giunge a soli sette anni, quando ottiene l'indimenticabile vittoria in un concorso nazionale promosso dalla Fila/Giotto. Artisti a Vercelli e nel vercellese è sinonimo di Accademia delle Belle Arti e l'allora diciassettenne Giovanni ogni settimana monta in sella alla sua bici e va nel capoluogo a seguire i corsi del Professor Renzo Roncarolo.
Nel 1959 alcune opere del giovane pittore trovano spazio in una mostra collettiva a Trino, è di fatto la prima uscita pubblica delle sue tele.
Giunge il tempo del servizio militare e Giovanni Alberatone viene mandato a vestire la divisa in quel di Siena. In Toscana, regione di forti tradizioni artistiche, incontra il Professor Sensi: uno scultore che accetta di buon grado di consigliare quel giovane forestiero, che mostra una grande passione e con curiosità ne osserva le tecniche.
Giovanni serve la Patria e nei momenti libera frequenta lo studio i Sensi, visita musei, chiese, alla ricerca di particolari, desideroso di vedere soddisfatta la sua sete di arte e quando può sfoga la sua vena creativa sulla tela. I suoi quadri risultano graditi, a Siena e dintorni c'è interesse. In particolare la Galleria Laminta espone le opere del militare che arriva dalla terra del riso. Ma pennelli e tele non sembrano poter garantire un futuro economico certo, così Giovanni fa ritorno nella sua Trino e inizia a lavorare come restauratore e nei cantieri edili, lavori spesso a cottimo per mandare avanti la famiglia.
Di giorno il lavoro all'aperto, con il caldo afoso delle estati vercellesi e il freddo umido dei rigidi inverni, la sera a dipingere, direttamente sulla tela, senza quasi mai abbozzare niente più di uno schizzo, lasciando alla mente, all'ispirazione del momento il compito di guidare le mani e la scelta dei colori.
Negli anni 67 e 68 una galleria milanese gli commissiona alcuni quadri, così per qualche tempo si dedica a tempo pieno alle sue tele, ma a Giovanni non piace produrre in serie, non riesce a fare un'opera uguale all'altra e ritorna a dividersi tra i cantieri e il suo laboratorio.
E ancora oggi impegna le sue giornate tra il lavoro con il figlio Edmil nel settore dell'edilizia e del restauro e la pittura.
Le sue opere sono tate esposte in mostre personali a Bologna, Venezia e Vercelli e con quelle di altri artisti di un'associazione artistica di Pesaro, hanno espatriato a Barcellona.

 Galleria di alcune sue opere  0161/805665

Dicono di lui

Le opere di Giovanni Alberatone di notevoli dimensioni sono trattate con ricchezza di impasto cromatico, utilizzato, possibilmente puro, con accostamenti disposti in modo da sfruttare la luminosità dovuta alla loro complementarietà.
I soggetti rappresentati, vincolati al pittore da una sorta di stupore per ciò che ogni cosa reale nasconde, sono studiati compositivamente inserendo visioni diverse in un unico assemblaggio. Le ascendenze sono molteplici: rispondono ad indagini simbolistiche dilatate verso moderati aspetti metafisici e surrealistici, non escludendo volontà di rappresentazione che sembrano scaturite da un mondo onirico molto personale.
Suggestioni derivate da interessi cultuali non mancano e vengono inconsciamente o consciamente rivisitate: da scampoli della pittura romana, come il ritratto della moglie del fornaio Publio Paquio Procuro, a Piero della Francescane, più ancora, ad una prossima contemporaneità con i coinvolgimenti di Maurice Denis o di un angosciante Edvard Munch; di Andrè Masson o alle diverse esperienze del marchigiano Mario Tozzi.
Nel trattare la Figura femminile, Alberatone, oscilla tra la ricerca piuttosto idealizzata, per armonia formale e dolcezza espressiva, e visi dalla sembianze totemiche, note nell'arte precolombiana, rese enigmatiche e " mute" ( le labbra sono assenti dal volto).
Da meditare le composizioni dove vari elementi di verbalizzazione pittorica si integrano e mutano in una forma discorsiva complessa e resa curiosa per l'interpretazione e la lettura; mi riferisco, ad esempio, ad una maternità accostata all'albero della vita con , in primo piano, una grande conchiglia riferibile al mito della nascita di Venere; o alla fanciulla intenta nella lettura con, alle spalle, uno scorcio della terra vercellese con i suoi filari d'alberi, immersi in una luce di tramonto che crea un'atmosfera fatta di memorie. O, ancora, i grandi fiori e i frutti, segni di un'opulenza della natura che emerge e contrasta con un paesaggio quieto e quotidiano, oppure con alberi dall'aspetto di fossili viventi. Ed infine i paesaggi urbani, ripresi dalle molte testimonianze architettoniche medioevali italiane, trasformati in complessi edifici immersi in un'atmosfera fiabesca e di sogno.
Il sogno.
La fantasia di Giovanni Albertone credo sia spesso all'inseguimento ora incerto, ora più sicuro di un sogno ad occhi aperti dove ricordi, emozioni, esperienze concrete ed illusioni appaiono sfuggenti e vengono fermate solo da segni forme e colori.
Mario Guilla

Il mondo pittorico di Giovanni Alberatone è fra i più colorati e particolari. L'artista predilige atmosfere metafisiche, che ottiene principalmente tramite la composizione, dando vita a un ideale "teatro fantastico".
Ma come nascono queste rappresentazioni? "Comincio sempre dal cielo, lo creo con i colori più vicini al mio stato d'amino. Dalla forma delle nubi, dall'intensità della luce e dalla sua gamma cromatica nasce poi il resto della composizione".
I cieli dell'Artista possono essere delicati e molto realistici, oppure totalmente fantastici: un dispiegarsi di chiaroscuri e colori, a volte come in un'alba da apocalisse. Sono cieli "informali" che portano l'astratto nel contesto essenzialmente figurativo: Tutto ciò che " vive " al di sotto è sempre ben inciso, con un equilibrio tra toni caldi e freddi. Ogni spettatore può trarre una sua storia, ritrovare i suoi simboli.
Questo è il dato fondamentale nella pittura del maestro Torinese: dipinge narrazioni. E' molto abile nel gestire le relazioni fra oggetti e personaggi.
Conosce perfettamente il trompe l'oil e tutte le tecniche adatte a trasformare un ambiente in qualcosa di unico e accogliente; non solo per il benessere del corpo, ma anche dell'anima.
L'attività professionale , come decoratore polivalente, restauratore e pittore ne fa pure un profondo conoscitore dei materiali, abilità che gli torna utile per dare forza alle sue visioni poetiche.
" La tecnica da adottare di volta in volta – afferma- la scelgo in base al soggetto che voglio rappresentare. Deve inoltre essere funzionale alla ricerca dell'armonia fra i colori e le forme" Congeniale al maestro è anche " riprendere certi valori ad anni di distanza e trasformarli secondo la sensibilità del momento".
I suoi colori preferiti sono " i gialli, i rossi e gli arancioni" colori caldi, che naturalmente presuppongono la presenza di tonalità fredde perché a un vuoto deve corrispondere un pieno, al bene il male. Nel rispetto dell'antico e arcano equilibrio degli opposti.
La sperimentazione si orienta verso i materiali, in tal senso è esemplare la serie di lavori in cui il colore diventa materia, fino a trasformare la pittura in scultura, anche con l'ausilio del gesso e frammenti matrici. Il contenuto del quadro supera i confini bidimensionali, esce dalla cornice, va a conquistarsi nuovo spazio, spingendo nel cosmo nuova essenza nuova vita.
Gian Piero Grassi


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